ci dice Rosetta. Al porto abbiamo recuperato delle biciclette e pedalato fino al campo della mia pro-prozia Ginestra.
È il momento di metterci al lavoro: prendiamo la mappa e la osserviamo con attenzione per orientarci.
Il punto di partenza sembrerebbero proprio i tre granai.
Da lì è segnato un percorso, che assomiglia a quello dei dinosauri del monte Pelmetto. Ortensia prende la bussola dal suo kit da archeologa.
Dieci passi a est, cinque a nord-ovest e quattro salti a est.
Arriviamo all’aia, giriamo attorno ai pollai, che ricordano delle palafitte in miniatura. Da lì saliamo la scala di pietra, ricavata tra arbusti di rose canine, che ci conduce in cima alla collina.
Qui percorriamo un sentiero che attraversa il campo di grano fino a una grande quercia secolare.
Ci dirigiamo lì, correndo, ma a un passo dal traguardo Filippo inciampa in una radice, Isacco in Filippo, Ulisse in Isacco e così via fino ad Anna.
Sotto la montagna umana Filippo bofonchia con voce sottile:
«Ehm, scusate tutti… in compenso credo di avere trovato una botola sotto la pancia, se gentilmente scendeste dalla mia schiena, potremmo guardare dove conduce».
Con il capitombolo abbiamo spostato rami e fronde che la nascondevano. Resta solo da capire come aprirla, perché è chiusa a chiave.
Ortensia è pensierosa e mi chiede di scatto:
«Fiorella passami la foto di Ginestra, per favore», mentre prende la lente d’ingrandimento e un codice dal suo kit. «Proprio come pensavo! Osservate. Ginestra indossa un medaglione d’oro, che rappresenta una spiga di grano in carattere cuneiforme» esclama Ortensia, mostrando il dettaglio che era passato inosservato nella foto.
«Ma certo! Chi porta l’oro, porta la chiave per accedere al tesoro! Ginestra deve aver trovato questo ciondolo nello scrigno egizio; dev’essere la chiave per aprire questa botola» afferma sicura Rosetta.
«Noi però non abbiamo il medaglione» commenta sconsolato Filippo.
Cerco di parlare, ma vengo coperta dalle voci degli altri, che si mischiano l’un l’altra:
«Ortensia, cerca un attrezzo nel tuo kit! Cerco nel capanno degli attrezzi. Corro in ferramenta…».
«STOP!!!» grido così forte che tutti si bloccano.
«Non c’è bisogno di agitarsi: il medaglione ce l’ho io, me l’ha lasciato Ginestra. Lo porto sempre al collo».
Mostro a tutti il ciondolo tra un’ovazione generale.
«Oh, cara Fiorella, sei tu la custode del tesoro. Spetta a te provare ad aprire la botola, coraggio!» mi dice Rosetta emozionata.
Mi tremano le mani, ma inserisco il medaglione nella serratura.
Rimaniamo col fiato sospeso. La serratura scatta e la botola si apre. L’entusiasmo è unito a una certa paura. Davanti a noi una ripida scala scende nelle profondità buie della collina.
Rosetta ci dà le indicazioni:
«Andrò io per prima, voi seguitemi. Ricordatevi che Pan-el-Gran parla di trappole a protezione del tesoro».
Procediamo in silenzio nella penombra. Pian piano gli occhi si abituano all’oscurità e ci ritroviamo in una stanza spoglia e impolverata.
Non sembrano esserci altre aperture e del tesoro nemmeno l’ombra.
Ortensia punta la torcia sulla parete davanti a noi:
«C’è qualcosa qui…sembra un crittografo, uno strumento usato per nascondere un messaggio in codice. Già, ma quale messaggio?»
La voce di Anna squarcia il silenzio:
«Guardate ci sono delle incisioni sopra il crittografo!»
«Ottima vista, Anna! Quelli sono caratteri sumeri» osserva Rosetta. «Ortensia, penso che ci servirà di nuovo il tuo codice per i caratteri cuneiformi!»
«Certo, è sempre nel mio caro vecchio kit!» risponde baldanzosa.
È il tuo momento, interpreta bene i caratteri cuneiformi. Ricorda a simbolo uguale corrisponde lettera uguale!
Qualcosa scatta nella parete di fronte a noi e, con una nuvola di polvere che ci fa tossire, si apre un varco. Ci avviciniamo a guardare con attenzione e… meraviglia!
Entriamo di corsa, mentre il passaggio segreto si richiude dietro di noi.
Davanti a noi ci sono ricchezze di ogni civiltà e periodo storico, teche con fossili rarissimi, statuette di metalli pregiati, sacchi pieni d’oro e pietre preziose, insieme a sacchi di grano e spighe di cereali antichi: tutto è proprio lì, a portata di mano. L’abbiamo trovato finalmente!
«Oh, oh… ragazzi, non vorrei rovinare la festa ma temo che siamo imprigionati dentro a questa camera del tesoro. Per fortuna almeno c’è una fontanella per l’acqua» mormora Isacco, guardandosi alle spalle.
Ma la felicità è talmente grande, che non lo sentiamo neanche.
«Guardate, questo è lo scrigno della Valcamonica!» grida Filippo, prendendo il cofanetto da un tavolino. In quel momento si sentono degli strani rumori e scricchiolii, che sono decisamente inquietanti.
«Fermi, non toccate nulla! Ricordate cos’ha scritto Pan-el-Gran? C’è un’ultima prova da superare. Se non capiremo cosa vale di più, cadremo in trappola e non riusciremo a uscire da qui!» esclama Rosetta.
Ci guardiamo attorno, molto attenti a non muovere niente. Quale sarà il vero tesoro? Qui è tutto così prezioso.
«Se non sbaglio, la lettera di Pan-el-Gran e il diario di Ginestra parlavano di indizi da raccogliere in ogni tappa per superare questa prova. Noi però non abbiamo trovato nulla» dice Filippo, gettando gli altri nello sconforto, ma non me.
«Non temete, amici, qualcuno ha raccolto gli indizi al posto nostro, qualcuno che è sempre stato con noi, che ha seguito le nostre avventure e completato la pergamena di Pan-el-Gran» dico, riaccendendo la speranza e lo stupore in tutti «Ora più che mai abbiamo bisogno di te! Guarda la pergamena a pagina 4. Le parole ritrovate da te in queste otto settimane, lette di seguito, formano la risposta all’ultima prova. Se vuoi, riscrivile qui».
«Penso di aver capito cosa dobbiamo fare» esclama Anna. «Filippo, ho bisogno del tuo aiuto».
«Io? Davvero? Ok, dimmi cosa devo fare».
Filippo carico di questa fiducia, segue con attenzione le indicazioni di Anna. Riempie lo scrigno con i chicchi di ogni varietà presenti nella camera del tesoro. Anna prende un calice e lo riempie di acqua.
«Ora appoggiamo lo scrigno e il calice nello stesso momento su quel tavolino, sei pronto? Al mio tre! Uno, due… tre!» esclama Anna.
Questa volta gli scricchiolii che sentiamo sono decisamente meno inquietanti. Una porta si apre e mostra una scala che conduce direttamente ai granai.
«Anna, Filippo, siete stati bravissimi!» dico. «È proprio così: nulla è più prezioso dell’acqua e del grano».
«E dell’amicizia – aggiunge Rosetta – senza di voi non sarei potuta arrivare fin qui».
Già, ma c’è un’ultima tappa: aiutare il sindaco!